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Come Fare una Diffida per Fattura Errata​ ​

Una fattura sbagliata non è solo un fastidio amministrativo: può creare problemi fiscali, squilibrare i conti, generare pagamenti indebiti e intaccare il rapporto commerciale. La diffida per fattura errata è lo strumento scritto con cui contesti formalmente il documento, chiedi la correzione e metti in mora l’emittente perché intervenga entro termini ragionevoli. È opportuna quando la fattura contiene errori di imponibile, aliquota o imposta, descrizioni non conformi al contratto, quantità o prezzi incongrui, dati identificativi sbagliati, errata applicazione di regimi (reverse charge, split payment, esenzione, non imponibilità), doppia fatturazione, prestazioni mai eseguite o eseguite diversamente, errata imputazione temporale, riferimenti a ordini inesistenti, o semplicemente quando la fattura è stata indirizzata alla partita IVA sbagliata. Non di rado si usa anche per bollette e fatture di utility: elettricità, gas, telefonia, internet, acqua, dove si contestano consumi, conguagli o penali non dovute. La diffida fotografa la tua posizione, interrompe eventuali termini di decadenza a tuo carico, aiuta a prevenire azioni di recupero crediti e, se necessario, diventa il primo tassello per un reclamo formale o per una causa.

Indice

  • 1 Inquadrare la fattispecie: che cosa significa “fattura errata” dal punto di vista normativo
  • 2 Raccolta delle prove e verifica preliminare prima di scrivere
  • 3 Scelta del canale: perché PEC e raccomandata fanno la differenza
  • 4 Struttura della diffida: elementi che non devono mancare
  • 5 Esempio di testo: una traccia concreta da adattare
  • 6 Errori tipici da evitare nella redazione
  • 7 Fatturazione elettronica: come funziona la rettifica in pratica
  • 8 Pagare o non pagare in attesa di rettifica: valutazioni pratiche
  • 9 Gestione dei casi particolari: reverse charge, split payment, esenzioni
  • 10 Utility e servizi regolati: peculiarità di luce, gas, telefonia e internet
  • 11 B2C e tutela del consumatore: cosa cambia rispetto al B2B
  • 12 Come comportarsi se il fornitore non risponde o rifiuta la rettifica
  • 13 Aspetti contabili e amministrativi interni che non vanno trascurati
  • 14 Consigli pratici di tono e impostazione per una diffida che funziona
  • 15 Un percorso-tipo dalla scoperta dell’errore alla chiusura
  • 16 Conclusioni

Inquadrare la fattispecie: che cosa significa “fattura errata” dal punto di vista normativo

Nel sistema IVA italiano la fattura è un documento fiscalmente rilevante. Se contiene errori sostanziali, il soggetto emittente deve emettere una nota di variazione (articolo 26 del DPR 633/1972), in aumento o in diminuzione, per correggere imponibile, imposta o altri elementi. L’errore può essere materiale, come un refuso nell’aliquota, o sostanziale, come la fatturazione di un’operazione inesistente o diversa da quella pattuita. Dal 2019, con la fatturazione elettronica via Sistema di Interscambio (SdI), la correzione avviene con un file XML di nota di credito o di debito. Negli scambi con Pubblica Amministrazione le regole sono analoghe, con i vincoli della piattaforma e dei codici ufficio. In ambito B2C per le bollette dei servizi regolati esistono norme di settore: ad esempio ARERA per luce e gas disciplina i tempi e le modalità di risposta ai reclami e alle contestazioni di fattura; per le comunicazioni elettroniche il Codice delle comunicazioni e le delibere AGCom dettano criteri di fatturazione e conguagli. Conoscere il quadro consente di chiedere l’unico rimedio valido, ossia l’emissione della nota di variazione o lo storno, evitando soluzioni “creative” che non hanno effetto fiscale.

Raccolta delle prove e verifica preliminare prima di scrivere

Una diffida efficace è fondata sui fatti e sui documenti. Prima di scriverla controlla contratto, ordine, offerta, condizioni generali, DDT o rapporti di intervento, corrispondenza e PEC, listini, eventuali verbali di collaudo, cronologia degli eventi. Verifica i dati anagrafici in fattura, le quantità, i prezzi unitari, il codice articolo, l’aliquota IVA applicata, la data di effettuazione dell’operazione, la corretta indicazione di reverse charge o split payment, il riferimento all’ordine o alla commessa. Confronta l’XML della fattura elettronica con il PDF di cortesia: capita che il PDF sia corretto ma l’XML contenga errori, e ciò che conta è l’XML trasmesso allo SdI. In caso di utility, confronta la bolletta con i consumi effettivi, le letture autoinviate, le condizioni tariffarie, eventuali prescrizioni e i diritti all’indennizzo automatico. Più la tua ricostruzione è puntuale, più la diffida sarà persuasiva.

Scelta del canale: perché PEC e raccomandata fanno la differenza

La diffida deve arrivare e deve essere dimostrabile. La strada maestra è la PEC, che dà prova legale di invio e consegna; in alternativa usa raccomandata A/R. Evita telefonate, chat o email ordinarie per la fase formale: possono essere utili per un contatto preliminare ma non sostituiscono la diffida. Se scrivi a una grande azienda o a un fornitore regolato, verifica l’indirizzo PEC dedicato ai reclami; se scrivi a un professionista o a una PMI, usa la PEC reperibile su INI-PEC o sul sito. Inserisci sempre nell’oggetto un riferimento chiaro, per esempio “Diffida e formale contestazione fattura n. … del …”.

Struttura della diffida: elementi che non devono mancare

La forma è semplice, ma la sostanza deve essere completa. Dopo l’intestazione con i dati del mittente e del destinatario e l’oggetto, inquadra brevemente il rapporto (contratto, ordine, data, oggetto della fornitura). Identifica la fattura contestata con numero, data, importo e, se possibile, con il riferimento SdI. Descrivi l’errore in modo specifico e comprensibile, indicando che cosa avrebbe dovuto essere fatturato e su quali basi. Esplicita la richiesta principale, che è l’emissione di una nota di credito o di una rettifica entro un termine ragionevole, e la sospensione o il ritiro di eventuali pratiche di sollecito. Se la fattura è già scaduta, chiarisci che il pagamento è sospeso limitatamente alle somme contestate fino a rettifica, oppure, se paghi per evitare more, specificalo come pagamento con riserva e chiedi la restituzione del maggior importo. Indica un recapito per il riscontro e allega i documenti utili. Chiudi avvertendo che, in mancanza di risposta, ti attiverai per le tutele del caso, anche in via giudiziale o attraverso gli strumenti di conciliazione competenti.

Esempio di testo: una traccia concreta da adattare

Una bozza utile potrebbe suonare così, da completare con i tuoi dati. “Con la presente il sottoscritto …, CF/P.IVA …, in relazione al contratto/ordine n. … del … avente ad oggetto …, contesta formalmente la fattura n. … del …, ID SdI …, dell’importo di € …, rilevandone i seguenti errori: … . In particolare, la fornitura eseguita in data … ha avuto un quantitativo/prezzo/aliquota differente, come da documenti allegati. Si richiede pertanto l’emissione, entro e non oltre 10 giorni dal ricevimento della presente, di idonea nota di credito/nota di rettifica a storno totale/parziale della fattura in oggetto. Fino alla rettifica il pagamento delle somme contestate è sospeso; qualora in via prudenziale si procedesse al pagamento per evitare addebiti automatici, esso avverrà con espresso riserva di ripetizione dell’indebito. In difetto di riscontro, ci vedremo costretti ad adire le sedi competenti e, per i servizi regolati, ad attivare la procedura di conciliazione prevista dall’Autorità. Si allegano … . Cordiali saluti”.

Errori tipici da evitare nella redazione

La diffida perde efficacia se è generica, aggressiva o tecnicamente carente. Evita formule come “fattura errata” senza spiegare il perché; non limitarti a dire che “non paghi” senza fondamento, perché l’eccezione di inadempimento richiede una correlazione con il contratto. Non inviare la lettera a un indirizzo qualunque se esiste una PEC specifica per i reclami, altrimenti rischi tempi lunghi. Non confondere nota di credito con storno parziale: se l’errore è totale, serve lo storno integrale; se è parziale, la variazione limitata. Non chiedere correzioni che non hanno fondamento fiscale, come “correggere la data” senza appigli contrattuali. Non dimenticare di firmare e di allegare le prove: una diffida senza documenti è un’opinione.

Fatturazione elettronica: come funziona la rettifica in pratica

Nel sistema e-fattura la rettifica passa sempre da una nota di variazione XML inviata tramite SdI. Chi emette la nota di credito inserisce il riferimento alla fattura originaria e gli importi da stornare. Una volta transitata, la nota entra nei registri IVA delle due parti. Dal punto di vista contabile, il fornitore riduce ricavi ed IVA a debito, il cliente riduce costi ed IVA a credito. Se nel frattempo hai già detratto l’IVA della fattura errata, la nota ti obbliga a riversarla nella liquidazione in cui la ricevi, neutralizzando l’errore. Per fatture PA i tempi sono vincolati ai flussi del sistema e spesso è necessario un rifiuto formale da parte dell’ente o una comunicazione correttiva attraverso il canale ufficiale. Se il fornitore si rifiuta di emettere la variazione, la tua diffida e la documentazione costituiscono base per un’eventuale segnalazione all’Agenzia delle Entrate in caso di operazioni inesistenti o per un’azione giudiziale.

Pagare o non pagare in attesa di rettifica: valutazioni pratiche

La regola prudente è non pagare quanto non è dovuto; tuttavia, in presenza di sistemi di addebito automatico o penali contrattuali, può essere utile pagare con riserva. La riserva va indicata per iscritto nella diffida o nella causale del bonifico, così da conservare il diritto alla ripetizione dell’indebito. Nel B2B valuta il rapporto con il fornitore e le clausole: talvolta la sospensione del pagamento dell’intera fattura può legittimare la sospensione delle forniture. Un’alternativa è pagare la parte non contestata, segnalando espressamente che la quota residua è sospesa. Nelle utility la disciplina spesso consente la sospensione della parte contestata fino all’esito del reclamo: la diffida deve richiamare la regola di settore e la delibera applicabile.

Gestione dei casi particolari: reverse charge, split payment, esenzioni

Tra gli errori più insidiosi ci sono quelli di regime IVA. Se doveva applicarsi il reverse charge e il fornitore ha esposto l’IVA, devi chiedere nota di credito e riemissione corretta, perché detrarre quell’IVA non è consentito. Se sei PA o società soggetta a split payment e la fattura non lo indica, la rettifica è necessaria per rispettare i flussi di versamento. Anche l’applicazione di esenzioni o non imponibilità (ad esempio cessioni intracomunitarie) errate richiede storno e riemissione, allegando la documentazione di prova (CMR, dichiarazioni d’intento, ecc.). La diffida deve menzionare esplicitamente il regime corretto, evitando richieste generiche.

Utility e servizi regolati: peculiarità di luce, gas, telefonia e internet

Per le bollette di energia e gas la contestazione segue il canale di reclamo previsto dal fornitore e dalle delibere ARERA. La diffida va inviata al canale ufficiale e deve contenere dati dell’utenza, POD/PDR, periodo fatturato, letture contestate, motivi della contestazione e richieste specifiche (rettifica, rateizzazione, indennizzo automatico). I fornitori hanno tempi obbligatori di risposta; il mancato riscontro consente di attivare la conciliazione paritetica o quella presso il Servizio Conciliazione ARERA. Per telefonia e internet il reclamo deve riportare numero linea/cliente, servizi contestati, periodo e motivi; in caso di esito negativo è possibile rivolgersi a ConciliaWeb AGCom. In queste materie la diffida non è solo formalità ma requisito per accedere ai tavoli di conciliazione.

B2C e tutela del consumatore: cosa cambia rispetto al B2B

Se la fattura errata riguarda un consumatore, oltre alle regole fiscali valgono quelle del Codice del Consumo. La trasparenza dei prezzi, la corretta informazione precontrattuale e il diritto di recesso nelle vendite a distanza o fuori dai locali possono intrecciarsi con la contestazione. Una diffida del consumatore richiama anche pratiche scorrette, penali vessatorie, difetti di conformità dei beni. La strada extragiudiziale favorita è l’ADR o l’ODR (piattaforma europea), ma la diffida resta il punto di partenza per fissare tempi e richieste.

Come comportarsi se il fornitore non risponde o rifiuta la rettifica

Se, trascorso il termine indicato, non ricevi risposta o la richiesta è respinta senza motivazioni solide, valuta le opzioni. Nel B2B la prima è un sollecito con nuova scadenza; la seconda è l’attivazione di una mediazione civile e commerciale o di un arbitrato se previsto in contratto; la terza è l’azione davanti al giudice di pace o al tribunale per l’accertamento dell’indebito e la condanna alla restituzione o alla rettifica. Nelle utility attiva formalmente la conciliazione entro i tempi previsti. Se ci sono profili di fatturazione di operazioni inesistenti, considera la segnalazione all’Agenzia delle Entrate. Qualunque strada tu scelga, conserva tutta la corrispondenza PEC, le ricevute e i documenti: saranno la tua prova.

Aspetti contabili e amministrativi interni che non vanno trascurati

Mentre attendi la rettifica, gestisci bene la partita contabile. Registra la fattura in sospeso o su un conto transitorio, evita di detrarre l’IVA contestata se ritieni la fattura integralmente errata, oppure preparati a stornarla con la nota di credito. Se il documento transita nel ciclo passivo via SdI, imposta blocchi di pagamento automatico sul gestionale. Se hai pagato con riserva, registra un credito verso il fornitore per la quota contestata. Aggiorna le anagrafiche con la PEC corretta, così le future comunicazioni saranno più rapide.

Consigli pratici di tono e impostazione per una diffida che funziona

La diffida non è uno sfogo, è uno strumento. Usa un tono fermo ma professionale, evita accuse generiche e minacce, punta sui fatti e sulle richieste precise. Chi scrive bene aumenta la probabilità di una soluzione bonaria, perché rende facile al destinatario capire l’errore e porvi rimedio. Inserisci sempre i riferimenti, gli allegati e il termine di risposta; manifesta disponibilità a un confronto rapido, telefonico o in call, per accorciare i tempi. Ricorda che dall’altra parte c’è spesso un ufficio amministrativo che deve chiudere un ticket: se dai tutte le informazioni al primo colpo, risolvi in giorni invece che in settimane.

Un percorso-tipo dalla scoperta dell’errore alla chiusura

La sequenza virtuosa è lineare. Ricevi la fattura e individui l’errore confrontandola con l’ordine e i documenti. Verifichi l’XML e raccogli le prove. Prepari e invii la diffida via PEC, con oggetto chiaro, richieste puntuali e allegati. Il fornitore risponde e ammette l’errore, emette nota di credito o rettifica e, se necessario, una nuova fattura corretta. Tu registri la variazione, paghi l’eventuale differenza o ricevi il rimborso. Se il fornitore tace, solleciti e, in parallelo, blocchi pagamenti automatici. Se rifiuta, attivi conciliazione o azione giudiziale. Chiudi la pratica archiviando PEC, fatture e note, aggiornando eventuali procedure interne per prevenire errori simili in futuro, per esempio richiedendo al fornitore un preavviso di fatturazione o un flusso di pre-billing.

Conclusioni

Fare una diffida per fattura errata significa prendersi cura della qualità dei rapporti e della conformità fiscale. Non basta dire “la fattura non va bene”: occorre spiegare il perché, chiedere il rimedio giusto, usare i canali formali e lasciare traccia. Con un approccio ordinato, che parte dalla verifica dei documenti, prosegue con una PEC chiara e motivata e si conclude con la nota di variazione o, se serve, con gli strumenti di conciliazione o giudiziali, la maggior parte delle contestazioni si risolve rapidamente e senza strappi. È un gesto di serietà reciproca: chi emette corregge, chi riceve collabora, e la contabilità di entrambi torna a raccontare fedelmente la realtà delle operazioni.

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